Devo farlo bene! Quando il perfezionismo diventa patologico?
La persona perfezionista tende a voler fare le cose bene, ma la differenza tra un perfezionismo sano e patologico sta nel modo in cui si vive l’insuccesso. Quando un l’errore è visto come una possibilità di crescita, una sana spinta motivazionale a migliorarsi e non si teme il giudizio negativo degli altri allora si tratta di un perfezionismo sano.
Il perfezionismo diventa patologico quando questo tratto della personalità porta la persona a chiedere a se stessa e gli altri elevati livelli di prestazione rispetto a quelli richiesta per la situazione.
La persona si attiene a standard rigidi, elevati e talvolta irrealistici. Anche nei confronti degli altri potrebbe avere aspettative molto alte, aspettandosi cose che non possono dare o pretendendo da loro determinati comportamenti. Questo genera un atteggiamento fortemente critico, diretto verso di sé o verso gli altri e un’intolleranza agli errori. Dal confronto con gli altri, il perfezionista ne esce con una valutazione negativa di sé, innalzando così l’auto-criticismo e l’asticella degli standard da raggiungere. L’incapacità di compiere una valutazione autentica e realistica di se stessi e delle proprie prestazioni porta un’incapacità di gioire dei propri successi, per cui ad un esame universitario la persona deve prendere il voto di 110 e lode, perché altrimenti un voto inferiore, che sia pure 110, senza la lode, viene vissuto come un fallimento. Quindi la persona si concentra sull’esito atteso non raggiunto e non invece sul successo ottenuto. Dunque analizza e concentra l’attenzione sugli errori. La persona è ipercritica sui risultati ottenuti, si sente fallita e prova ansia, vergogna, insicurezza e inadeguatezza.
Dunque il valore personale e l’autostima della persona perfezionista dipende dal raggiungimento dei risultati e diventa intollerabile un risultato inferiore rispetto a quello atteso: la persona vive nella logica del tutto o nulla “Se non posso raggiungere il risultato che mi aspetto allora non darò l’esame!”. Dubitando sulla capacità di portare a termine un compito in modo corretto, il perfezionista tende ad evitare e a procrastinare per paura di non farlo bene, così si dà vita ad un circolo vizioso in cui la persona non sperimentandosi nelle varie situazioni accresce il senso di fallimento, di ansia, di bassa autostima, insicurezza e inadeguatezza.
Il perfezionismo è un atteggiamento legato a diversi quadri psicopatologici; è correlato con un aumento del rischio di ansia e depressione, disturbi alimentari, tendenze ossessive-compulsive e ideazione suicidaria.
La persona pensa di dover fare le cose bene poiché teme le critiche e il giudizio altrui. Crede che gli altri hanno alte aspettative che non deve deludere perché solo se è perfetta sarà amata ed accettata dagli altri.
Quando il perfezionismo patologico è pervasivo e invalidante compromette gli ambiti lavorativi (o scolastici), le relazioni familiari, sociali e sentimentali della persona che ne soffre.
Se ti ritrovi in quello che hai appena letto e desideri cambiare il tuo modo di affrontare le situazioni sappi che le abitudini perfezionistiche possono essere cambiate. Attraverso una psicoterapia cognitivo-comportamentale è possibile imparare ad avere atteggiamenti più salutari e funzionali riguardo alla definizione degli standard e al raggiungimento dei tuoi obiettivi.