C’E’ PIU’ PAURA DEL COVID O DI UN SECONDO LOCK-DOWN?
Chi sono le persone che hanno più paura?
Quali sono gli effetti di un secondo lockdown?
Abbiamo iniziato questo anno 2020 con la notizia che in Cina si stava diffondendo un virus chiamato Covid-19. I contagi e i morti erano sempre in aumento. La Cina, una realtà così lontana da noi e di certo non immaginavamo che, ben presto, la loro realtà sarebbe diventata anche la nostra. Siamo allo scadere del 2020 ed il Covid-19 è presente ormai in quasi tutto il mondo.
In Italia, nel mese di marzo è iniziato il cosiddetto Lock-down, un distanziamento sociale attuato dal governo come misura preventiva al diffondersi del virus. Con l’isolamento sociale è venuto a mancare il vivere quotidiano. Sono venute meno quelle abitudini rassicuranti che addirittura davamo per scontate e basilari come uscire il proprio cane, fare una passeggiata, fare la spesa o recarsi a lavoro. Ci siamo ritrovati a vivere h24 dentro le mura della nostra casa, a dover organizzare il tempo e il trascorrere della giornata senza farci assediare dalla noia e dai pensieri negativi.
Con il lock-down venivamo privati della nostra libertà, creando uno stato di disorientamento e di disagio ma soprattutto tanta PAURA!!
La paura di infettarsi, paura di infettare, paura per la crisi economica… paura per i propri figli, paura per i propri genitori anziani.
Questa è stata alimentata e amplificata inevitabilmente dai mass-media che ormai quotidianamente dichiarano l’aumentare dei casi e delle morti.
Chi sono le persone che hanno più paura?
Tra la popolazione ci sono persone più vulnerabili, ovvero più a rischio dal punto di vista psicologico di sviluppare disturbi psichici, soprattutto di tipo ansioso-depressivo.
Nella popolazione anziana i disturbi mentali sono più frequenti con una prevalenza di quelli di natura depressiva. Sapere di essere soggetti a rischio di contrarre il virus da Covid-19 potrebbe esacerbare il rischio di sviluppare disturbi mentali o peggiorare problemi già in atto.
Le persone immuno-depresse o che presentano altre patologie acute o croniche, diverse dal covid-19, per paura di infettarsi e peggiorare la loro condizione di salute hanno continuato a vivere nell’isolamento sociale e nella solitudine anche dopo l’apertura di maggio aumentando il rischio di sviluppare disturbi psichici.
L’avere sofferto nella propria storia clinica di disturbi psichiatrici può essere associato a manifestazioni ansiose che possono comparire anche 4-6 mesi dopo la fine della quarantena.
In questa fase di isolamento sociale aumentano dunque i casi di acutizzazione delle malattie psichiatriche; aumentano i casi di attacchi di panico, di depressione, di ansia. Aumentano i sintomi ipocondriaci. Aumentano i rischi di suicidio.
Infine, il personale sanitario, i medici di base e il personale negli ospedali vivono un forte impatto emotivo con lo stress e la pressione continua di essere contagiati o di contagiare i propri pazienti e familiari. Anche loro si percepiscono vulnerabili e fragili di fronte all’idea che non sono immuni a questa malattia.
Quali sono gli effetti di un secondo lockdown?
Adesso a distanza di qualche mese risuona il pericolo di un secondo lock-down e tutto ciò crea allarmismo e preoccupazione con quote di rabbia per le restrizioni, con paura mista alla rabbia di perdere la sicurezza economica, la socialità, la salute, le relazioni, le opportunità, le persone care. Viviamo continuamente nell’incertezza del domani, non sapendo quanto ancora tutto ciò continuerà, quanto ancora vivremo nella percezione di un costante pericolo, e questo perpetua uno stato di stress emotivo. Direi che tutto ciò è traumatico.
Un trauma psicologico è qualsiasi evento che una persona percepisce come estremamente stressante. Può trattarsi di una minaccia all’integrità fisica, propria o di altri, o all’identità psicologica. Questi eventi producono reazioni emotive e corporee importanti, che non sempre il cervello riesce ad elaborare.
Il primo segnale, nelle situazioni traumatiche come lo è quella del Coronavirus, è sempre una risposta da stress, con uno stato di allerta o tensione, determinato dal fatto che il virus fa paura perché invisibile, ignoto, virale, percepito come un pericoloso predatore inarrestabile, che ci fa sentire impotenti dinanzi a qualcosa di sconosciuto e ci rende vulnerabili. A questo si aggiunge, per altro, il continuo martellamento dei media.
Come si reagisce emotivamente allo stress da Covid-19?
Quando la persona non riesce ad adattarsi ad una nuova situazione e la vive come fonte di stress può reagire manifestando irritabilità, aggressività verbale, disturbi del sonno e della concentrazione, ansia, panico, deflessione del tono dell’umore, somatizzazioni e abbassamento delle difese immunitarie.
È possibile affrontare lo stress da Covid-19 attraverso un supporto psicologico, nella fase finale e post-emergenziale, si possono utilizzare tecniche di mindfulness, tecniche di rilassamento, la tecnica EMDR, al fine di aiutare e facilitare il processo di elaborazione dello stress e post-traumatica da Covid-19, rafforzando la resilienza, ovvero la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.