Quel difetto proprio non mi piace: cos’è il dismorfismo corporeo
Soffri terribilmente per un difetto o un’imperfezione dell’aspetto fisico? Questo non ti fa vivere serenamente con te stesso e con gli altri?
Le persone intorno a te dicono che “nemmeno si vede, è una tua esagerazione” ma per te non è così.
Ad un certo punto, hai iniziato ad avere comportamenti ripetitivi che ti impiegano gran parte del tuo tempo (ad esempio, guardarti spesso allo specchio; curarti eccessivamente del tuo aspetto con trucchi e camuffamenti; ricerchi rassicurazioni) o hai iniziato per esempio a confrontare il tuo aspetto fisico con quello degli altri in risposta a preoccupazioni legate all’aspetto.
Tutta la tua vita ruota intorno al quel difetto, cerchi di nasconderlo, di coprirlo, di non farlo notare agli altri e la preoccupazione per quel difetto causa un disagio clinicamente significativo o compromette alcuni ambiti di vita (sociale, lavorativo o in altre aree importanti).
La preoccupazione legata all’aspetto non è meglio giustificata da preoccupazioni legate al grasso corporeo o al peso i cui sintomi soddisfano i criteri diagnostici per un disturbo alimentare.
Inoltre, pensi che l’unica maniera per stare bene è sottoporsi ad un intervento di chirurgia estetica, e dopo un primo intervento ti sembra ancora grosso quel naso, quel dito è ancora storto, il seno non è grande come te lo aspettavi ecc. così ci sarà un secondo, un terzo intervento e così via nell’insoddisfazione della mancata riuscita dell’intervento chirurgico, attribuendo responsabilità al medico-chirurgo che non ha rispettato i canoni attesi.
Le ricerche rilevano che il disturbo è presente con una prevalenza che varia dal 9% al 12% nei pazienti dermatologici, dal 3% al 53% nei pazienti sottoposti a interventi di chirurgia estetica, dall’8% al 37% in soggetti con disturbo ossessivo compulsivo, dal 10 al 13% nei soggetti con fobia sociale e dal 14% al 42% in quelli con disturbo depressivo maggiore.
La dismorfofobia comincia solitamente durante l’adolescenza, l’età media all’esordio è di 16 anni con un decorso cronico, se non viene trattata.
E’ spesso in comorbidità con altri disturbi mentali. La più comune è con il disturbo depressivo maggiore (75%); seguono i disturbi da uso di sostanze (dal 30% al 48,9%); il disturbo ossessivo compulsivo (dal 32% al 33%); la fobia sociale (dal 37% al 39%), i disturbi del comportamento alimentare e i disturbi di personalità
L’eziopatogenesi del disturbo è legata all’identità e costruita in relazione al corpo. L’attribuzione estetica che si forma sulle rappresentazioni definisce l’autoimmagine che è parte dell’autostima e predica sul valore personale. Sembra che situazioni di frustrazione e perdita e il vissuto di non accettazione oltre che l’eccessiva importanza al corpo e all’estetica possano essere fattori di rischio per lo sviluppo del disturbo.
In definitiva, nel dismorfofobico (o Dismorfismo corporeo) si avverte uno specifico difetto ben circoscritto (poco importa se del tutto inesistente o lievemente presente) che rende impossibile l’esistenza. Il difetto diventa il concentrato di tutto quello che nel soggetto non va.
Di fronte ad un compito esistenziale importante, ad esempio l’uscita dalla famiglia e la collocazione nel mondo, il soggetto può sperimentare un’angoscia profonda. Tutta l’identità ed il valore della persona sono messi in gioco e se non riesce ad adattarsi in maniera funzionale può vivere qualcosa di simile all’umore predelirante. Quando l’insight è scarso o assente si affaccia l’esperienza dell’eureka e la nascita del delirio che permette di salvare la propria identità con un ragionamento del tipo: “non sono io che non vado bene, è la mia cicatrice che mi rende orribile e inaccettabile e se riuscirò a eliminarla tutto andrà a posto”.
La terapia è di tipo cognitivo-comportamentale e l’intervento con questi pazienti presuppone, perciò, una rielaborazione cognitiva e la critica agli errori di valutazione che dovrebbe portare all’accettazione della propria identità, vero problema sottostante all’espressione sintomatologica.